Route Nazionale 2024: Generazioni di felicità

Route Nazionale 2024: Generazioni di felicità

Ma che voleva dire “Route Nazionale”? L’avevo ben capito? Teoricamente sì, ma col senno di poi vi dico no! Un evento così ampio sfuggiva dalla mia immaginazione, non vi avevo mai partecipato a uno simile. Quando dici “nazionale” pensi a molte persone, ovviamente, ma poi quando le vedi è tutt’altra storia: ti ritrovi ad essere un piccolo sassolino in mezzo a un ruscello di camicie azzurre che ha fretta e si trascina per le vie di Verona. Fretta di cosa? Di essere felice. Ecco, un’altra parola dalla dubbia comprensione – e siamo solo al titolo –: e che voleva dire “generazioni di felicità”? Ci era stato detto di prepararci durante l’anno, di pensare a delle azioni che potessero vincere l’indifferenza, la sfiducia, e capire cosa fa la differenza nel nostro territorio. Ora ci toccava viverlo, fare tutte queste parole nostre, riempirci e poi tornare a casa pieni di speranze ed energie così da generare un impatto di cambiamento, a una sola voce, tutti insieme.

Cominciava il nostro tempo: zaino in spalla, si parte! Aerei colmi di capo e capi scout suonavano canti di gioia. La stessa gioia che ci ha travolti non appena fatto l’ingresso al campo.

TRIANGOLO: come la tua tenda. Un’enorme scacchiera di piccole tende triangolari faceva da pattern. Ti muovevi tra lettere e numeri per poi giungere al tuo posto, dove anche la tua tenda avrebbe costituito un pezzo di quell’enorme puzzle. Un saluto di qua, e rivedi i tuoi amici del CFM, un saluto di là, e incontri le persone con cui sei sceso in piazza al CFA, e in un attimo eri ad ARENA24. Diciottomila capi e capo da tutta Italia erano lì con te, adunati sotto al palco, a festeggiare i 50 anni della nostra associazione in un enorme spettacolo di luci e colori: trampoli, canoe e biciclette fluttuavano sulla folla a suon di “Tangram”. Ma ecco che arriva un ospite da urlo, ma nel senso che non sapevi ancora che quello sarebbe stato l’ultimo momento della Route in cui avresti avuto la tua piena voce: di lì a poco, Gianni Morandi se la sarebbe portata con se tra un “Fatti mandare dalla mamma” e un “Ratatata”. D’improvviso, però, cominciavi a sentire un piccolo buco nella pancia. Cos’era? Non lo sapevi ancora. Si era creato con il “…e vissero felici e contenti” di Roberto Mercadini, e allargato con le storie di Camilla Filippi e delle sue due donne coraggiose, che non si eran fatte fermare da un pantalone in meno e una gonna di troppo. Così te ne andavi a letto, nella tua tenda, e con il tuo controsenso: pieno ma con un piccolo buco di dubbia provenienza.

CERCHIO: tondo come le tavole rotonde. Tanti erano gli stimoli: “felici di generare speranza”, “felici di essere appassionati”…; e se ti cadeva lo sguardo su un palco con un sacerdote, un fumettista e un capo scout, tranquillo, non era una barzelletta, era “felici di accogliere”. Alla fine ti eri portato nel cuore che accogliere è contaminarsi, andare incontro all’inedito, mettersi a nudo nello scoprire e nello scoprirsi, nel non mettere barriere perché “se mi scrivi, ti chiamo, ma se si chiami, ti incontro”.

A RN24 era tutto così meravigliosamente contagioso che anche i cerchi si erano moltiplicati: tante piccole comunità di capo e capi stavano attorno la loro luce, sotto il cielo stellato. Comunità interconnesse e aperte all’incontro, all’ascolto, donandosi l’una all’altra, un cerchio nell’altro. Era passato un altro giorno e te n’eri andato a letto con un buco un po’ più grande del giorno precedente.

RETTANGOLO: come il mattoncino dei monaci “Ricostruttori” che ti avrebbero aperto il cuore. Volevi fiondarti al Luna Park, divertirti tra un’arrampicata e uno scalpo volante, ma quelle piccole animelle sedute al Bosco della Spiritualità ti chiamavano. Ma chi erano questi Ricostruttori? Allora, incuriosito, ti metti le cuffie e ti siedi per terra, occhi chiusi e via, li ascolti. Avevi capito che il loro bizzarro modo di stare al mondo era quello di farsi testimoni di una cristianità capace di venire incontro al bisogno di ricerca interiore, spesso inconsapevole, di tutti noi. E allora ti eri ritrovato a meditare con loro: connesso con te stesso, con il tuo respiro, con la terra sotto i piedi. E se eri pieno di domande, andava bene perché era lì che Dio era con te.

Alla fine, dopo tutto questo gran pensare, ci eri arrivato: quello che di giorno in giorno ti si allargava dentro era un enorme buco a forma di infinito. Ti senti spingere da dentro. Non sai cos’è, non sai perché, ma c’è, e ti fa sentire vivo. È un agglomerato di emozioni, di esperienze vissute, di fede, di speranze, condivisioni, amori. Ed è un continuo svuotarsi per accogliere e accogliersi, e svuotarlo di nuovo, fare spazio e riempirlo nuovamente. Devi solo imparare ad ascoltarti.

QUADRATO: il Voga di 18000 persone, unite da uno stesso ideale, che avevano appena vissuto una delle più intense celebrazioni Eucaristiche della propria vita. Stremate dai raggi cocenti che battevano sui cappellini colorati, quelle 18000 persone ce l’avevano fatta, avevano vissuto un’esperienza che dava la potenza di credere a quelle scelte che possono cambiare il mondo.

E così, ci eravamo fatti Tangram: una comunità che sa costruire insieme, dove ognuno contribuisce con la propria felicità ad arricchire il mondo. Una felicità egualitaria, inclusiva e sostenibile. Ma essere Tangram vuol dire anche essere prossimi, pezzi che sanno stare vicini senza mai sovrastarsi nella costruzione di un bene comune.

Route Nazionale 2024: Io, pezzo di Tangram, c’ero.

 

Articolo a cura di:
Giulia D’Agostino, Capo del Palermo 23

 

 

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